L’OPERA PROSERPINE
PRODOTTA DA SPOLETO62
IN ONDA SU RAI5

OPERA LIRICA IN DUE ATTI

tratta dal dramma
Proserpine di Mary Shelley
editore Casa Ricordi srl

musica Silvia Colasanti
adattamento René de Ceccatty, Giorgio Ferrara

direttore Pierre-André Valade

regia Giorgio Ferrara
scene Sandro Chia
costumi Vincent Darré
luci Fiammetta Baldiserri

Ceres Sharon Carty 
Proserpine Dísella Lárusdóttir 
Ino Anna Patalong 
Eunoe Silvia Regazzo
Iris Gaia Petrone
Arethusa Katarzyna Otczyk 
Ascalaphus Lorenzo Grante

Shades of Hell Caterina Bonanni, Eugenia Faustini, Giulia Gallone, Cecilia Guzzardi, Elisabetta Misasi, Eleonora Pace attori diplomati dell´Accademia d´Arte Drammatica "Silvio d´Amico" di Roma 

Orchestra Giovanile Italiana 

produzione Spoleto62 Festival dei 2Mondi
Il Mito 
della Madre perduta

Proserpine è un dramma di Mary Shelley, scritto con la collaborazione di Percy Shelley. Si tratta di una sorta di “tragedia pastorale”, con al centro i personaggi mitologici di Proserpina e di sua madre Cerere. Si racconta del rapimento di Proserpina compiuto da Plutone e dell’intervento di Giove, padre di Proserpina, che impone a Plutone di lasciarla tornare sulla terra in primavera e in estate, e di giacere con il suo sposo infernale in autunno e in inverno. 

Il mito era appunto destinato a chiarire l’alternanza delle stagioni. Mary Shelley usa questo mito per sviluppare il suo pensiero sull’ambiguità dei sentimenti (in particolare quello materno e quello filiale) e dell’ambivalenza dell’essere umano: l’ha scritto subito dopo Frankenstein. Come tante donne dopo di lei, ha sfruttato il mito di Proserpina (o Perserfone o Corè) per parlare anche del rapporto madre-figlia, tema per lei ossessivo.
Mary Shelley era la figlia di Mary Wolstonecraft considerata la prima “femminista” inglese, morta quando Mary Shelley aveva solo undici giorni. La scrittrice perciò non conobbe sua madre e il suo stesso rapporto con la maternità fu molto tormentato: perse i primi tre figli avuti da Percy (una femmina e due maschi), mentre solo il quarto sopravvisse. Proserpine è dunque ricco di ricordi inconsci e autobiografici trasfigurati dal mito reinterpretato. 

Abbiamo adattato e ridotto il poema, per renderlo più efficace drammaturgicamente, ma senza nulla aggiungere all’originale. Abbiamo eliminato i numerosi riferimenti ad altri miti che non intervengono direttamente nella storia, ma abbiamo conservato i personaggi indicati dall’autore: oltre a Proserpina e Cerere, le due ninfe Ino e Eunoe, Aretusa naiade di una Fonte, la messaggera degli dei Iris, e il demone Ascalafo. 

L’azione si svolge in due atti. Durante il primo, in primavera, Cerere affida la figlia Proserpina alla sorveglianza delle ninfe Ino e Eunoe e si raccomanda di non lasciarla mai da sola. Potrebbe essere rapita dalle divinità infernali. Lei, Cerere, deve salire all’Olimpo per servire il banchetto degli dei. Ma le ninfe sono poco attente e Proserpina viene rapita. Quando Cerere ritorna sulla terra non trova Proserpina e si dispera. Nel secondo atto, tutti sono sconvolti dalla sparizione di Proserpina. La tristezza di Cerere, divinità materna della terra e della fertilità, fa scoppiare la carestia e la terra si fa nuda, spoglia, sterile. I fiori appassiscono, le foglie muoiono. Arriva Iris che annuncia il ritorno di Proserpina, e riferisce il verdetto di Giove. Proserpina ha mangiato semi di melograno, frutto proibito, e non le è permesso di passare l’intero anno sulla terra. Riappare quindi Proserpina che si ricongiunge con sua madre. Ascalafo il demone tenta di riportarla negli Inferi, ma invano. L’alternanza delle stagioni e della presenza/assenza accanto alla madre divengono così una vera fonte di felicità, perché rappresentano il modo migliore di apprezzare più intensamente ogni momento di gioia e di piacere.
L’insieme è una rievocazione poetica del mito tramite le voci delle ninfe, del demone, delle divinità e delle protagoniste. Il mito di Proserpina ha ispirato molte versioni poetiche, dopo Mary Shelley: citiamo Oscar Wilde, Edith Wharton, Hilda Doolittle, André Gide, Margaret Atwood, Toni Morisson. Lully ne trasse un’opera lirica e Stravinsky un balletto, ispirato al dramma di André Gide.
L’originalità, però, del testo di Mary Shelley, consiste nel suo tono malinconico, di rassegnazione positiva, rispetto al rapimento infernale. Mary Shelley, infatti, ha avuto una vita tragica, fatta di fughe, di morti, di lutti, ma anche di fede nella forza poetica e nelle visioni della sua immaginazione fantastica. Dopo la morte drammatica di Percy Shelley in un naufragio, si dedicò interamente alla letteratura e a mantenere viva la memoria del suo geniale marito. 

Da  quasi tutti è ricordata, soprattutto, come l’autrice di Frankenstein. Ci è parso doveroso rievocare la sua splendida Proserpine che è parte importante della sua corposa opera letteraria. Abbiamo concepito questo adattamento del poema della Shelley per la compositrice Silvia Colasanti. Dopo il nostro Minotauro, tratto da Dürrenmatt, l’opera fa parte di un progetto per una trilogia di rivisitazione dei miti antichi come approccio dell’inconscio e dei rapporti umani, in modo relativamente astratto, con la musica aerea, espressiva e neoclassica della Colasanti, con ritmi insoliti e una ricchissima tavolozza di colori musicali. 

René de Ceccatty, Giorgio Ferrara