HAMLETMACHINE DI ROBERT WILSON, DOPO IL DEBUTTO A SPOLETO60, IN SCENA AL PICCOLO DI MILANO

Dal 16 al 20 ottobre, torna in scena al Piccolo Teatro Studio Melato di Milano Hamletmachine di Heiner Müller nella versione di Robert Wilson con i giovani attori diplomati dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico.
 Il progetto, commissionato dal Festival di Spoleto per l’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico, ha debuttato nel 2017 in occasione di Spoleto60.

Concepito nel 1977 dopo il primo viaggio in America dell’autore, Hamletmachine nasce originariamente dall’incontro tra Heiner Müller e Robert Wilson, venendo alla luce quasi nove anni più tardi.
L’amicizia tra Robert Wilson e lo scrittore della DDR Heiner Müller non fu solo leggendaria, ma anche estremamente produttiva: Müller scrisse testi per la Sezione Colonia di The Civil warS (1984), The Forest (1988) e La Mort de Molière (1994), e alcuni di questi vennero usati in Medea (1984), Alceste (1986) e Ocean Flight (1988). 
Müller dichiarò successivamente che la versione di Hamletmachine concepita da Wilson fosse "il miglior spettacolo di sempre" nella sua intera carriera, celebrando l’opera per l’incredibile e innovativo impianto illuminotecnico e visivo e per la quasi totale assenza di interpretazione scenica. Elogiato da Gordon Rogoff nei suoi scritti come "un trionfo", valse a Wilson un Obie Award come Miglior Regista.
La prima messa in scena risale al 7 maggio 1986 sul palcoscenico del teatro della New York University con la partecipazione degli allievi stessi; la versione tedesca segna invece il suo debutto il 4 ottobre dello stesso anno alla Kunsthalle di Amburgo. Lo spettacolo non è stato più ripreso da allora, e ritorna in scena quindi dopo ben trentuno anni grazie alla commissione di Festival di Spoleto 60 e alla partecipazione dell’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio d’Amico. 
"Quando scrissi Hamletmaschine, dopo aver tradotto l’Amleto di Shakespeare per un teatro di Berlino Est, ne uscì la più americana delle mie opere, citando tra i molti T.S. Eliot, Andy Wharol, Ezra Pound e Susan Atkins. Potrebbe essere letto come un opuscolo contro l’illusione che si possa rimanere innocenti in questo nostro mondo. Sono felice che Robert Wilson metta in scena la mia opera, essendo il suo teatro un mondo a sé stante". H. Müller, 30/04/1986

"[…] Wilson consente alla parola parlata di essere ascoltata e capita. Il testo di Müller raggiunge gli spettatori attraversando un intenso paesaggio sonoro, così da rendere difficile la comprensione di cosa accada realmente in palcoscenico e cosa invece sia parte di una traccia sonora registrata. Raramente gli attori recitano liberamente senza distorsioni sonore. L’opera non si manifesta unicamente visivamente ma piuttosto acusticamente, con un’estrema chiarezza e plasticità." H. Rischbieter, Theater heute, ottobre 1986