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EDIZIONE 2015ARTESCONFINAMENTI #3
Mostre del Festival

SCONFINAMENTI #3

Polittici contemporanei


a cura di ACHILLE BONITO OLIVA

artisti
ANTONIO BIASIUCCI
PETER BOTTAZZI
MARCO DELOGU
LAURA FERRARI
MIMMO JODICE
LUISA MENAZZI MORETTI
LUCIANO ROMANO
LINDA SALERNO / ELENA MORANDO

direzione creativa Elisabetta di Mambro e Franco Laera
progetto artistico Change Performing Arts
coordinamento Virginia Forlani


Alla sua  terza edizione "Sconfinamenti" - la rassegna curata da Achille Bonito Oliva che intende esplorare gli intrecci e le contaminazioni tra i vari linguaggi dell’arte contemporanea - indaga il rapporto tra immagine e suono.
Otto artisti, maestri e giovani fotografi, sono stati sollecitati a immaginare otto polittici contemporanei nelle architetture rinascimentali della Rocca Albornoz. Non una mostra di fotografie dunque, ma una occasione per sollecitare un dialogo tra "creatori di immagini" e atmosfere musicali che spaziano dal classico al rock. Un vero e proprio corto circuito di arte totale. Una sintesi di linguaggi diversi e complementari tra loro in cui l’immagine pellicolare della fotografia si smaterializza nell’incontro con le forme del suono.

ANTONIO BIASIUCCI 
RES
controcampo musicale Gwyn Pritchard RES

Dai corpi nudi, dalle trame della pelle e dalle scaglie del pane, ai vulcani e agli immensi panorami del corpo delle vacche, ci muoviamo ora tra le teche dei musei scientifici di animali impagliati, inciampiamo nei reperti di Pompei, ci appaiono ingranaggi, ferri, acciai, sguardi immobili e calchi, all’apparenza impossibili, di figure antropomorfe: organico e industriale emergono dalla penombra come le metamorfosi di un mondo in continua e pulsante trasformazione, dove passato, presente e futuro sono rimescolati senza soluzione di continuità. L’obiettivo riscrive la natura delle cose e gli elementi primari si mescolano con la memoria delle origini. Intrecci, rimandi, intersezioni di materia, ci offrono la meraviglia di uno sguardo nuovo di fronte al creato.
La ricerca completata nel 2000 racchiude più soggetti; e a ciascuno Biasiucci ha dedicato un tempo, adottando una metodologia per lui fondamentale. La guerra in Kosovo diventa la fonte ispiratrice della prima parte del lavoro: l’Italsider di Bagnoli, area siderurgica dismessa, rappresenta lo smantellamento del mondo, ne raccoglie i resti opachi, i relitti di civiltà abbandonate.
Gli altri soggetti, che mano a mano hanno ampliato il lavoro, ne rafforzano la drammaticità della solitudine, dell’abbandono, della fine. Il gelo e l’assoluto. Ogni singolo scatto incarna una metafora e tutti assieme costruiscono il romanzo fantastico di un mondo sospeso.

Antonio Biasiucci nasce a Dragoni (Caserta) nel 1961. Nel 1984 inizia una collaborazione con l’Osservatorio vesuviano, svolgendo un ampio lavoro sui vulcani attivi in Italia. Nel 1987 conosce l’attore e regista Antonio Neiwiller con cui collabora fino al 1993, anno della sua scomparsa. Fin dagli inizi la sua ricerca si radica nei temi della memoria personale, e si trasforma, in anni recenti, in un viaggio dentro gli elementi primari dell’esistenza. Ha ottenuto importanti riconoscimenti, tra cui, nel 1992, ad Arles, il premio "European Kodak Panorama"; nel 2005 il "Kraszna/Krausz Photography Book Awards", per la pubblicazione del volume Res / Lo stato delle cose (2004) e, nello stesso anno, il "Premio Bastianelli". Numerosissime le mostre personali e le partecipazioni a mostre collettive a festival e rassegne nazionali e internazionali. Molte sue opere fanno parte della collezione permanente di musei e istituzioni, in Italia e all’estero, tra cui MAXXI, Roma; MADRE-Museo d’Arte Contemporanea Donna Regina, Napoli; Metropolitana di Napoli; Galleria Civica di Modena; Peggy Guggenheim Collection, Venezia; Fondazione Sandretto Re Rebaudengo per l’Arte Contemporanea, Guarene (Cuneo); Bibliothèque nationale de France, Parigi; Maison Européenne de la Photographie, Parigi; Centre de la Photographie, Ginevra; Mart, Rovereto.

PETER BOTTAZZI
CAMERA FINTA
soundtrack a cura dell’artista

"Camera Finta è un intromissione visiva che comincia laddove la Camera Pinta è stata lasciata, presa e lasciata, e ripresa ancora. Azioni e reiteazioni che lasciano il segno, che ledono e alleviano a fasi alterne la fase precedente. Quel che vi è stato prima e ora è, è CAMERA FINTA. Così come ogni immagine istantanea sarà, solo momento di un’ora che sarà sbiadito pinto di un tempo sospinto e inevitabilmente respinto da successivi ora da questo ora.
Camera finta non è meno vera di pinta ma consequenziale ad essa e per tanto palese interpretazione della precedente. Camera finta è una prosecuzione di un meraviglioso racconto smaniato, sbiadito, perfetto nella sua frammentazione e che si adegua ai nostri accartocciati sensi in una pelle-stanza.
Se tale camera è stata anche prigione, nasce spontaneo e lecito comprendere che tale pittura sia stata cancellata, o meglio confiscata, nel tentativo sublime di azzeramento-cancellazione del tempo ai danni di uomini costretti a privarsi di tutto tranne che dell’ora, ora e sempre uguale a se stessa, caleidoscopica assenza di mondo. Diabolica inventiva per trasformare esseri umani in portatori perenni di tempo inutile a tutto se non al cosciente disperdimento del medesimo. Ho quindi inscenato un’ora che non fa che ingigantire e sottolineare il labile incedere dell’uomo fuori e dentro sé. Ho provato a mostrare un’ora che è il solo possibile frutto dell’assenza di un prima, immaginando di riempire quelle pause, quelle cicatrici che saltano agli occhi al pari del pinto, non a contatto di quel primo pinto tempo che fu, ma un ipotetico cumulo di frammenti istantanei.
Un incontro di tempi distanti nel tentativo di fondere, o meglio con- fondere, passioni e visioni, storie e pulsioni attraverso la mescolanza di un’assenza verticale di un prima che diviene ingombrante presenza orizzontale ora, posta su diverso asse temporal-spazial-mentale ma non per questo meno incompiuto e spero magico."
Peter Bottazzi

Peter Bottazzi (Imperia, 1965) inizia il suo percorso creativo in teatro come marionettista prima e poi illuminotecnico e scenografo della compagnia Carlo Colla & figli di Milano. La sua abilità nell’esaminare e risolvere temi difficili della rappresentazione scenica lo ha portato in giro per il mondo, offrendogli l’opportunità di consolidare il suo mestiere e di acquisire una riconoscibilità professionale su scala internazionale. Peter Bottazzi ha trasformato il suo lavoro in una filosofia di vita, uno strumento culturale utile per esplorare aree della conoscenza altrimenti inaccessibili, comunicate al pubblico con un linguaggio artistico di grande suggestione e impatto per la forza della semplicità espressiva con cui si manifestano. Ha incontrato e collaborato con molti registi come Peter Greenway, Moni Ovadia e Robert Wilson. Ha curato in questi anni alcuni degli allestimenti più suggestivi di mostre d’arte e fotografia, tra cui sono da ricordare quelle di Steve Mc Curry (Milano, Perugia, Genova, Monza, Roma), di Giorgio De Chirico e di Andy Warhol. Ha ideato e curato l’allestimento del MUDEC di Milano con la progettazione degli spazi espositivi delle due mostre inaugural i. In occasione del bicentenario verdiano ha realizzato ‘Vedi, Vini, Verdi’ una serie di istallazioni multimediali a Palazzo Morando di Milano.

MARCO DELOGU 
L’ALTRA EGO
controcampo musicale Chet Baker Every time we say goodbye

La fotografia di Giosetta Fioroni come Giovanna d’Arco nel film di Dreyer è stata fatta nel 2001, usando un banco ottico che mi ha permesso l’effetto del fuoco selettivo.
Come scrive Erri De Luca: "Giosetta Fioroni non é ancora pronta all’impresa di Senex, ma scruta nella sua faccia la profezia del corpo che si inoltra. È al punto pieno dell’esperienza, vuole farsi leggere la ventura da Marco Delogu, fotografo immune da clemenza. Le rimanda ritratti di una sibilla sradicata su carta affumicata di alloro bruciato". Undici anni dopo, nel 2012 abbiamo continuato. Il tempo passava, ma non passava la voglia di sperimentare, di giocare, di tornare bambini. Giosetta aggiungeva, io toglievo. Alla fine sono restate alcune immagini. Questa di Giosetta con il vestito verde appoggiata al muro è stata la prima della nuova serie. Volevo giocare di più e ho usato una macchina digitale, più veloce e in un certo senso più da bambini, più diretta.
Marco Delogu

Marco Delogu è nato a Roma nel 1960. Le sue fotografie sono state esposte in numerose mostre personali e collettive, in Italia e all’estero. Nell’autunno del 2008 una grande retrospettiva del suo lavoro è stata presentata all’Accademia di Francia Villa Medici. Editore e curatore nel 2002 ha ideato FOTOGRAFIA - Festival Internazionale di Roma, giunto quest’anno alla quattordicesima edizione. Dal 2012 al 2013 è stato curatore di fotografia del MACRO di Roma. A marzo del 2015 è stato nominato Direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Londra. Ha pubblicato oltre venti libri, tra cui l’ultimo lavoro "Luce Attesa", uno studio sulla polarità inversa della luce di Roma accompagnato dai saggi di Éric de Chassey e Bartolomeo Pietromarchi e dai racconti di Edoardo Albinati e Jhumpa Lahiri , edito da Punctum.

MIMMO JODICE 
DANZATRICI DALLA VILLA DEI PAPIRI
controcampo musicale Beethoven Sonata num. 2 in G minore per piano e violoncello

Ha girovagato per tutto il Mediterraneo in cerca delle tracce del passato. E ha scoperto che le statue, i templi e le rovine parlano invece più al presente. È il viaggio a ritroso nel tempo che Mimmo Jodice ha intrapreso, tra realismo e immaginazione, per ricomporre l’immagine della nostra civiltà, in un percorso a tappe: da Palmira a Pompei, da Atene a Cartagine, da Agrigento a Petra per incontrare Apollo, Atena, Venere e Ulisse, guerrieri e amazzoni, dei ed eroi che riacquistano vita divenendo persone.
"Ho cercato di trasmettere a chi guarda il mio lavoro il senso di solitudine e di angoscia che non mi abbandona mai. Ho cercato di esprimermi fotografando le persone - ribadisco che per me non sono solo statue e rovine - che ho incontrato nei miei viaggi; persone che esprimono ansia, amore, dolore, avidità, tenerezza. Non sono sentimenti del passato ma nostri, nel presente e nel futuro", spiega il fotografo napoletano.
Arcipelago del mondo antico è dunque un’indagine sulla nostra civiltà con cui Jodice, da oltre trent’anni, racconta il patrimonio storico inestimabile che custodiscono le nostre città e quelle che si affacciano sul mare nostrum, continuando a stupire il pubblico di tutto il mondo. A lui, uno dei grandi maestri della fotografia italiana, la Fondazione Fotografia di Modena dedica una grande mostra, visitabile fino all’11 gennaio.
Arcipelago del mondo antico è nato grazie al legame che Mimmo Jodice ha con Napoli, sua città natale, in cui vive dal 1934. E racconta: "Ho iniziato "Mediterraneo" per un bisogno di rassicurazione. Sentivo la necessità di ritrovare riferimenti forti. E sono andato alla ricerca delle mie radici" continua Jodice. "Napoli è una città antica, ricca di testimonianze e di cultura greca e romana. Il viaggio lungo le coste del Mediterraneo è stato un viaggio alla ricerca della memoria, un viaggio nel tempo, dove i luoghi non sono rovine ma città nelle quali continua la vita. Lo studio del passato mi aiuta a comprendere il presente. È una ricerca che prosegue ancora e fa parte ormai della mia vita".
Arianna Catania, L’Huffington Post

Mimmo Jodice è uno dei grandi nomi della storia della fotografia italiana. Vive a Napoli dove è nato nel 1934. Fotografo di avanguardia fin dagli anni sessanta vive a stretto contatto con i più importanti artisti delle avanguardie che frequentavano Napoli in quegli anni: Wahrol, Beuys, De Dominicis, Paolini, Kosuth, Lewitt, Kounnellis, Nitsch e molti altri. Nel 1970 inizia a tenere corsi sperimentali all’Accademia delle Belle Arti di Napoli, dove poi insegnerà Fotografia fino al 1994. La sua prima mostra viene presentata al Palazzo Ducale di Urbino nel 1968 e nel 1970 al Diaframma di Milano. Nel 1980 pubblica " Vedute di Napoli". Nel 1981 partecipa alla mostra "Expression of Human Condition" al San Francisco Museum of Art con Diane Arbus, Larry Clark, William Klein, Lisette Model. Tra le mostre personali si annotano: Memorial Federal Hall, New York 1985; Musée Réattu, Arles 1988; Philadelphia Museum of Art, 1995; Kunstmuseum Dusseldorf, 1996; Maison Européenne de la Photographie, Paris 1998; Museo di Capodimonte, Napoli 1998; The Cleveland Museum of Art, Cleveland 1999; Galleria Nazionale di Arte Moderna, Roma 2000; Castello di Rivoli, Torino 2000; Galleria d’Arte Moderna, Torino 2000; MassArt, Boston 2001; Wakayama, Museum of Modern Art, Japan 2004; The Museum of Photography, Moscow 2004; MASP - Museu de Arte de Sao Paulo, 2004; MART - Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto, 2004; Galleria d’Arte Moderna, Bologna 2006; Spazio Forma - Centro Internazionale di Fotografia, Milano 2007; Palazzo delle Esposizioni, Roma 2009; Maison Européenne de la Photographie, Paris 2009; Museo del Louvre, Parigi 2011. Nel 2003 l’Accademia dei Lincei gli ha conferito il prestigioso premio ‘Antonio Feltrinelli’ dato per la prima volta alla Fotografia. Nel 2006 l’Universita degli Studi Federico II di Napoli gli conferisce la Laurea Honoris Causa in Architettura.

LAURA FERRARI 
IN LIMINE
controcampo musicale György Ligeti Harmonies 

Da sempre la maschera rivela una natura identitaria ambigua sospesa tra due stati contrapposti: il dualismo che per consuetudine divide spazialmente l’interno soggettivo dall’esterno oggettivo si assottiglia in un luogo di passaggio in cui l’identità è allo stesso tempo un dischiudersi del sé e un rinchiudersi in un oggetto codificato. Con un rovesciamento di piani inconsueto le immagini rivelano qui la parte interna della maschera, quella che con l’uso rimane inaccessibile, costretta tra due fronti giustapposti e mai coincidenti, riattivandone il senso e il potenziale espressivo e dando luogo a una riflessione sull’accessibilità alla percezione di sé e sulle sorprese che questa comporta.

Laura Ferrari (Lodi, 1976) fotografa, dopo una formazione storico-artistica si specializza nell’ambito dello spettacolo collaborando dal 2006 con i principali teatri d’opera e di prosa italiani, e segue molte produzioni internazionali. L’incontro con il teatro diventa occasione per dare una direzione al suo linguaggio nelle diverse tematiche che affronta. Nel 2012 è chiamata da Marina Abramović a documentare la performance The Abramović Method presso il PAC di Milano. Completa il suo percorso professionale con l’insegnamento: dal 2011 è docente di fotografia di scena ed elaborazione digitale presso l’Accademia del Teatro alla Scala.

LUISA MENAZZI MORETTI 
P GRECO
controcampo musicale Massive Attack Paradise circus 

Ho voluto dedicare la serie P Greco, la cui serie comprende 16 immagini, alla forma circolare. Il cerchio è magia, preveggenza, perfezione, divinità, universo, cielo, spirito, levitazione, ascesa, armonia, velocità, risucchio fuga...e moltissimo altro. Per questa mostra ho scelto cinque immagini del progetto P Greco: Whenua, una parola della lingua Mahori che significa "terra e placenta", essa stessa, nella mitologia Mahori, generatrice della terra, ma anche la forma della nostra prima dimora. I petali di Daisy rimandano alla purezza del sentimento amoroso, al gioco del "m’ama non m’ama", alla assurda ricerca dell’ amore attraverso un colore che qui diventa genere e, come un magnete, può attrarre, ma anche respingere e liberare per dare spazio ad una nuova ricerca. Unexpected suggerisce l’idea dell’imprevisto in una vita troppo retta e monotona, mentre Eyewitness ricorda un bulbo oculare sbarrato come schermo di cose vissute. Infine Soul dove, alla sublime calligrafia di un profeta i cui versi recitano il Corano, "Allah è unico, Dio è assoluto!..." si sovrappone una purissima anima bianca che fluttua sempre più distante dalle parole dell’uomo.
Luisa Menazzi Moretti

Luisa Menazzi Moretti è nata a Udine nel 1964. All’età di tredici anni lascia l’Italia per trasferirsi in Texas negli Stati Uniti dove frequenta il liceo per poi proseguire a Houston e poi in Italia i suoi studi universitari. Negli anni americani inizia la sua passione per la fotografia e predilige la stampa in bianco e nero.  Ritorna a vivere in Europa, prima a Londra, e poi a Bologna, Roma, Napoli e Venezia. Nel 2012 viene inaugurata a Napoli la sua prima mostra personale. Da allora i suoi progetti Magic Mirror, Words, Cose di Natura/Nature’s Matters e Ingrendients for a Thought sono stati esposti  in musei, fondazioni e gallerie pubbliche e private. La casa editrice Arte’m ha pubblicato due cataloghi di Luisa Menazzi Moretti: Words (2013) e Cose di Natura/Nature’s Matters (2014).
 
LUCIANO ROMANO 
SPIRALI
controcampo musicale Arvo Pärt Fratres 

Sulla cima ti assale la vertigine. 
La testa gira sull’asse delle vertebre! 
Dall’alto di una scala tutto sembra girare vorticosamente intorno a te, soprattutto se la sua forma è avvolgente. Quasi tutte le rampe si snodano intorno a un asse - verticale, direi vertebrale – nelle forme di un’elica o di una spirale. 
Attenzione a non cadere. 
Per fortuna qui la mano può appoggiarsi a una ringhiera che in montagna non esiste. 
Non scendere mai una scala senza che il tuo occhio guardi dove metti i piedi, senza che la mano aiuti il tuo passo, non dimenticare di cantare né di contare, tutti i sensi sono coinvolti, tutto il corpo inquieto è in festa.
Ad occhi aperti, mi sembra di vedere il ritmo simile a una frequenza che ondeggia, a una melodia che cresce, che discende e seduce l’udito. 
Allora, la musica, la poesia, la narrazione, tutte e tre legate al tempo, invadono la pittura o il disegno, che vivono nella dimensione spaziale. 
Allora il conto aritmetico invade la geometria. 
Allora il tempo inonda lo spazio.
Michel Serres
maggio-giugno 2015

Luciano Romano svolge un costante lavoro di ricerca intorno al linguaggio dell’immagine. Tra i vincitori del Premio Atlante Italiano 2003, ha ricevuto la nomination al Prix Bmw - Paris Photo nel 2007 e ha esposto alla X Biennale Architettura di Venezia nel 2006. Nel 2010 è autore del corpus fotografico per l’installazione Italy of the Cities realizzata da Peter Greenaway all’Expo di Shanghai. Nove sue grandi fotografie sono il contributo all’installazione permanente creata da Shirin Neshat per la stazione Toledo della Metropolitana di Napoli (2013).
I suoi lavori incentrati sulla rappresentazione dello spazio sono conservati in raccolte pubbliche e private, quali la collezione di fotografia del Museo MaXXI a Roma, la Robert Rauschenberg Foundation, MeMus, Museo del Teatro di San Carlo a Napoli. E’ autore di numerosi volumi editi da Taschen, Citadelles&Mazenod, Franco Maria Ricci, Skira. 

LINDA SALERNO / ELENA MORANDO 
THE EIGHTH STEP
foto e disegni di Linda Salerno
video, allestimento e soundtrack di Elena Morando
a cura di Martin Kunz

The Eighth Step esplora l’opera e la poetica dell’artista italo-americana Linda Salerno, testimoniandone il pensiero a partire da contenuti legati al suo metodo di composizione pittorica e fotografica, tra sintesi poetica e gesto fisico. Seven steps raccontano la storia di questa ricerca. Approach: mi avvicino, guardo, ho la sensazione di qualcosa che sta arrivando. Reveal: la suggestione diventa forma e contemplando ancora uno spazio indefinito, subisco una fascinazione finchè la forma si rivela. Gaze: fisso il mio sguardo per dare contorni precisi e poter fare memoria della visione stessa. Balance: sto in equilibrio coraggiosamente di fronte al compito che mi aspetta per dare una forma all’indicibile. Release: rilascio dentro di me tutto ciò che non ha che fare con quella visione, facendo spazio al passo successivo. Surrender: mi arrendo e cedo all’opera che parla indicandomi la forma. Flourish: l’opera fiorisce. L’ottavo passo consiste nel raccogliere l’opera, e nell’opera, la traccia di un corpo: la donna scompare e riappare dalle veline, in un gioco di apparizione e sparizione, a significare il gioco dell’arte, dove tutto, una volta composto, può avere letture e significati diversi.

Linda Salerno nasce il 20 ottobre 1950 a York, Pennsylvania. Dal 1972 al 2002 vive e lavora nel suo loft a SoHo, New York. Dal 2002 per motivi di salute si trasferisce in Svizzera, con soggiorni regolari a New York. Muore il 17 luglio 2011 a Lugano. Nel 1982 espone al Drawing Center di New York, all’Art in General, nelle Gallerie dell’East Village e in molte gallerie e musei universitari. Nel 1985 espone per la prima volta in Europa "Gli anni ottanta" alla Galleria d’arte moderna di Bologna e nei musei di Rimini, Imola e Ravenna, in mostre a cura di Renato Barilli, Flavio Caroli, Corrado Levi. Le ultime personali sono nel 2009, Who Are You? Works from the Black Mirror Series, Officinaarte, Magliaso/Lugano, Svizzera; 2011, CCNY (Camera Club New York) The Black Mirror Series, a cura di Allen Frame; Centro Luigi di Sarro, Roma, Linda Salerno Black Mirror Series, a cura di Roberto Mutti. "Linda Salerno", pubblicato dal Charta Books nel 2010 con i contributi di Klaus Honeff, Elisabetta Longari, Roberto Mutti; include la serie completa dei The Seven Steps e The Black Mirror Series.

Elena Morando è un’artista interdisciplinare, il cui lavoro incrocia e ricerca temi legati alla scrittura, al video e alle arti performative. Del 2010 è la raccolta-opera prima di poesia "Mai più la parola cielo" edito da Aìsara, selezionato nella rosa dei dieci finalisti del premio Mario Luzi 2011. Con "Vicino al cuore" ha vinto la borsa di studio Claudia Sbarigia-Storie per il cinema - Premio Solinas 2009. "L’Evidente Armonia delle cose" vincitore del Concorso Avisa 2008 e prodotto dall’Isre, Sardegna nel 2010 è il suo primo mediometraggio. 


Orari di apertura:

opening sabato 27 giugno ore 11.00
dal martedì alla domenica dalle ore 9.30 alle ore 19.30
lunedì dalle ore 9.30 alle ore 20.00
ultimo accesso consentito 45 minuti prima della chiusura

ARTE
Rocca Albornoziana
27 GIUGNO 11:00
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28 GIUGNO 09:30
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29 GIUGNO 09:30
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30 GIUGNO 09:30
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01 LUGLIO 09:30
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02 LUGLIO 09:30
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03 LUGLIO 09:30
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04 LUGLIO 09:30
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05 LUGLIO 09:30
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06 LUGLIO 09:30
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07 LUGLIO 09:30
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08 LUGLIO 09:30
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09 LUGLIO 09:30
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10 LUGLIO 09:30
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11 LUGLIO 09:30
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12 LUGLIO 09:30
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BIGLIETTI
biglietto integrato Museo Nazionale del Ducato e Rocca Albornoziana
intero € 7,50
ridotto A € 6,50 (dai 14 ai 25 e oltre 65 anni e per gruppi oltre 15 persone)
ridotto B € 3,50 (dai 7 ai 14 anni)
ingresso gratuito fino a 6 anni


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