L’arte contemporanea tende sempre di più alla multimedialità. Anche
nel primo decennio del nostro nuovo secolo gli artisti operano al
confine di molti linguaggi, tendendo verso la produzione di opere di
arte totale, frutto di una sintesi capace di sviluppare un intreccio tra
arte figurativa, cinema, teatro, letteratura, fotografia.
L’artista
contemporaneo sembra riprendere da una parte il modello rinascimentale
di Leonardo e Michelangelo che hanno operato a 360 gradi e dall’altra
quello di Wagner che ha teorizzato e praticato l’opera lirica come luogo
capace di totalizzare tutti i linguaggi dell’arte.
Tale
tendenza si è sviluppata in modo continuo sin dagli inizi del secolo
scorso, a partire dalle avanguardie storiche: Futurismo, Astrattismo,
Surrealismo e Dadaismo. Dagli anni Cinquanta in poi gli artisti hanno
sentito il bisogno di abbandonare ulteriormente il proprio specifico:
scendere dalla parete, uscire dallo schermo, oltrepassare lo spazio del
palcoscenico per arrivare all’opera come installazione capace di
ospitare forme di intreccio dei diversi linguaggi, frutto dunque di
assemblaggio e contaminazione dei generi.
Il progetto - che
prende avvio questo anno con un prologo alla Rocca Albornoz - intende
documentare l’opera di artisti già noti sulla scena internazionale
dell’arte, ma si propone anche, nella cornice e nello spirito proprio di
Spoleto Festival dei 2Mondi per tradizione aperto alla sperimentazione
e al dialogo tra i diversi linguaggi dell’arte, di essere artefice di
nuove scoperte e di sconfinare infine verso performance, concerti,
incontri e proiezioni per l’intera durata del Festival.
Achille
Bonito Oliva
PIANO TERRENO - AULE DIDATTICHE
Peter GreenwayTHE ICE TIME
40,000 years in 4 minutes
2012, 5 media players e 5 monitors, 4’, colore
editing Irma de Vries, soundtrack Huibert Boon, programming Matteo Massocco
"Possiamo certamente affermare che molto presto si avrà una
ri-dislocazione delle terre emerse poiché gli oceani si innalzano sempre
di più. E ci sarà presto una inondazione a cui seguirà il ghiaccio.
Possiamo dire che l’umanità è un tipo di vita costretta a fiorire nei
brevi intervalli tra due ere glaciali.
I cambiamenti
meterologici sono lenti, continui e devastanti per l’evoluzione della
specie. Qui in cinque sequenze vi è il racconto del previsto prossimo
evento condensato in quattro minuti. Quarantamila anni in quattro
minuti."
Così descrive la sua ultima installazione il filmaker
gallese, con una formazione ed una vocazione di pittore, che -
predicando la morte del cinema - si è fatto pioniere del crossover tra
linguaggio cinematografico, pittura, letteratura e nuove tecnologie
digitali.
Ahmet Güneştekin
BELEK (Memorie)
2012-2013, proiezioni video e suono
Sulle pareti e sul pavimento di una stanza in penombra scorrono in
sequenza le immagini di date comprese tra il 1909 ed i nostri giorni,
tra il massacro degli Armeni di Adana e gli avvenimenti odierni di
Piazza Taksim. Una colonna sonora diffonde sincronicamente voci e suoni
originali che si riferiscono a quegli avvenimenti.
L’artista
turco Ahmet Güneştekin interroga così la memoria collettiva nostra e
della sua gente sulla serie di violenze e attentati ai diritti umani che
si sono succeduti in poco più di un secolo in quella parte del mondo.
PRIMO PIANO - SALONE D’ONORE E CAMERA PINTA
Shrin Neshat
IL TEATRO E’ VITA. LA VITA E’ TEATRO.
Don’t ask where the love is gone.
Fotografia di Luciano Romano
2012, B/W, 9 stampe giclee su carta hahnemühle e dibond
Commissionata da Comune di Napoli e Metropolitana di Napoli/Stazione Toledo
Al termine di una residenza a Napoli per concorrere anche con una sua
opera alla realizzazione della stazione metropolitana Toledo
progettata da Oscar Tusquets, Shirin Neshat ha fissato in drammatiche
immagini in bianco e nero nove attori ed attrici del teatro underground
napoletano. Sono nove corpi che sembrano forzare le pareti di una
prigione senza luogo e senza tempo. "Cerco l’universalità che possa
valere per tutti", afferma l’artista americana di origine iraniana. "La
bellezza dev’essere unita al sentimento, all’ impegno sociale e
politico. Da soli la bellezza resta un canone estetico e l’ impegno un
grido. Solo uniti diventano qualcosa che possiamo chiamare arte".
Sislej Xhafa
SHHHHHHHHHHHHHT
2013 blanket, newspaper, clothes
Courtesy Galleria Continua, San Gimignano / Beijing / Le Moulin
Un
corpo è disteso per terra, interamente nascosto da una vecchia coperta.
Non sappiamo chi sia, se dorma o se sia ubriaco, se riposi o sia
morto. Il titolo che l’artista kosoviano ha dato all’opera non ci aiuta a
sciogliere l’enigma ed anzi contribuisce a rinforzare i nostri dubbi
di spettatori casuali. Ma anche incolpevoli? Sisley Xhafa punta il dito
proprio sulla complessità della realtà politica, economica e sociale
della realtà contemporanea e lo fa con mezzi semplici, ora con ironia e
ora con acida irrisione, che non è facile classificare. "La realtà è
più forte dell’arte – afferma Sisley Xhafa – Come artista non mi
interessa riflettere la realtà, ma voglio interrogarla e metterla in
discussione".
Shoja AzariTHE KING OF BLACK
2013, HD video colore, suono, 24’
Courtesy Leila Heller Gallery, New York
Il video The king of black mescola in un modo originale le
tecniche del film muto, le immagini delle preziose miniature persiane,
l’azione teatrale e l’animazione digitale. Il racconto è basato sul
poema epico Haft Paykar (le sette bellezze) scritto nel 1197 da
Nizami di Ganja, il più grande scrittore epico della letteratura
persiana che con i suoi poemi offrì materia a tutti i miniaturisti dei
secoli successivi.
Il racconto morale di Nizami descrive
l’impazienza di un principe che, violando l’appello alla perseveranza
di una delle sue sette mogli, è costretto ad abbandonare il giardino
dell’Eden. Dietro l’allegoria dell’antico poema, l’artista Shoja Azari
nato a Shiraz e residente a New York critica così la realtà sociale e
politica del suo paese.
Sri Astari Rasjid
UNDERCOVER, UNDERWEAR, UNDERWORLD TROOPS
Soundtrack di Rahayu Supanggah
2013, fiberglass, stainless steel mesh & mixed media
La preoccupazione costante del lavoro artistico dell’indonesiana
Sri Astari è quella di rileggere le tradizioni della cultura di Giava e
del suo simbolismo attraverso le lenti dell’invadente life style di
origine occidentale che rapidamente ha cambiato lo scenario dei valori
nella vita sociale del suo paese.
In particolare al centro
della sua critica vi è la posizione della donna, con tutte le sue
contraddizioni, tra radici della tradizione e consumismo dilagante. Ma
spesso tale critica prende la forma dello humor, come nella
rappresentazione delle sette figure sospese tra eleganze antiche e
ammiccamenti erotici, ambiguamente in contrappunto con la colonna sonora
di Rahayu Supanggah.