di Goffredo Parise regia Marco Zannoni con Augusta Gori e Marco Zannoni
ambientazione sonora Leonardo Brizzi scene Marco Zannoni realizzazione scene e costumi Rosanna Monti produzione Associazione Culturale NarrArti in collaborazione con Comune di Ponte di Piave, Casa di Cultura Goffredo Parise
Appena trascorsa la prima notte di nozze tra Romana e Glauco, al suo risveglio, la dolcissima sposa, ha un piccolo capriccio che desidera avere subito soddisfatto. I capricci si sa, sono materia e parte dell’amore e Glauco pieno di tenerezza è già pronto ad accontentare la sua dolce e adorata metà. Lei vuole essere presa in braccio, tenuta, stretta, portata e mai lasciata. Lui la tiene, lui la volteggia, lui la vezzeggia, lui la stringe, lui l’accontenta, ma ora lui la vorrebbe anche mettere giù. Così come un tuono e un lampo irrompono nel cielo sereno, così le urla di Romana squarceranno l’orizzonte d’amore che sembrava fosse dipinto sul fondale della loro vita futura: per niente al mondo, d’ora in avanti Romana deve essere lasciata a terra. Lei ha diritto di vivere in braccio, sulla schiena e sulle spalle di suo marito. A cavallo di Glauco appunto e per sempre. Una sella, due staffe, un frustino; la doma è compiuta. Questo è il matrimonio: l’obbligo d’amare. Parabola amara e paradossale della vita di coppia, parabola d’avvertimento e di distanza da ogni unione, La moglie a cavallo ruota nello spazio della farsa e si propone come stereotipo dell’Italia del dopoguerra. L’Italia con il suo perbenismo, l’Italia democristiana dei valori e della famiglia, l’Italia con la sua rincorsa al benessere, delle amicizie nell’alta società, della buona società. Su tutti questi fronti l’inesperto Glauco avrà un esame da sostenere e sugli stessi fronti, la vitalissima Romana avrà le risposte indotte e dettate da chi prima di lei ha saputo rendere un buon affare il matrimonio e saputo sfruttare il suo valore economico e sociale.
| Il meccanismo teatrale e drammaturgico di La moglie a cavallo ideato da Goffredo Parise ha solo un’apparente semplicità d’insieme. L’uso consueto e rassicurante delle parole sembra volerci introdurre come sospesi, in un ingenua levità. Spazio di innocuo amore, spazio di sodalizio matrimoniale: un lui, una lei. Ma gli ingranaggi che sembravano preposti al fluido movimento dell’ingegneria di un cosiddetto buon rapporto matrimoniale, ruoteranno improvvisamente in altra direzione, assumendo con insospettabile e delicata pacatezza, una rotazione inversa ed inesorabile. L’innesco improvviso di un congegno di parole secche e scarne, faranno scattare la trappola degli affetti e degli inganni. Anche l’unica via d’uscita che credevamo di avere intravisto sullo sfondo della storia sembrerà svanire. L’atto unico, La moglie a cavallo, è un contrasto di duellanti, la sua tessitura drammaturgica la si potrebbe definire come una rincorsa senza scampo su una pista che in sé stessa si chiude, che impacchetta vincitori e vinti, giocandosi fino in fondo lo spazio scenico in costante equilibrio tra farsa e commedia. Marco Zannoni |