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Palazzetto dello Sport
sabato 03 luglio - 15:00
sabato 03 luglio - 17:30
sabato 03 luglio - 20:00

Biglietti:
Posto unico €30
 
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Barbablù

di Georg Trakl
traduzione e regia Cesare Lievi
scenografia e costumi Daniele Lievi
progetto luci Gigi Saccomandi
con Emanuele Carucci Viterbi, Maria Alberta Navello, Cecilia Campani, Jacopo Crovella, Marco Cupellari, Ermelinda Pansini
 
produzione Centro Teatrale Bresciano – Teatro Stabile di Brescia
 
assistente alla regia Idelson Da Silva Costa
fonico Flavio Martins dos Santos
elettricisti Roberto Chiodi, Alberto Bonometti
realizzatrice scenografa Rossella Zucchi
ufficio stampa Bianca Simoni
Le scene sono state costruite nel laboratorio del CTB Teatro Stabile di Brescia - responsabile del laboratorio Guglielmo Fratti
 
In concomitanza con il ventesimo anniversario dalla scomparsa di Daniele Lievi e di una mostra dedicata alla sua figura di artista, scenografo e costumista, il CTB Teatro Stabile di Brescia, propone un nuovo allestimento del Barbablù di Georg Trakl, per la regia di Cesare Lievi, con le scene originali di Daniele Lievi.
Raffinato spettacolo rappresentato una prima volta alla Biennale di teatro nel 1984 e ripreso nel 1992 al Festival di Cividale del Friuli con grande successo nella doppia versione italiana e tedesca (Daniele Lievi, premio UBU alla memoria in occasione di quest’ultima ripresa), il Barbablù è tratto da un frammento lirico - originariamente concepito come spettacolo per marionette - di Georg Trakl, uno dei più grandi poeti austriaci vissuto a cavallo tra Ottocento e Novecento.
Lo spettacolo definito all’esordio poema visivo che si impone per l’estrema raffinatezza della messinscena e la straordinaria adesione allo spirito dell’autore, è ricco di spunti visionari e di apparizioni che riprendono la poetica del “fuori scala” tipica del teatro di marionette, a cui continuamente si allude.
Barbablù in miniatura. Un poema visivo a misura di marionetta.
(…) la doppia proposta in versione tedesca e italiana di uno spettacolo quasi “in miniatura”, l’incantevole Barbablù che Cesare e Daniele Lievi, regista e scenografo/costumista, hanno tratto da un testo frammentario, originariamente concepito come spettacolo per marionette, del poeta austriaco Georg Trakl. Nella sua vita breve e sventurata, Trakl fu ossessionato dal disfacimento e dalla morte sentiti anche, o soprattutto, come “orizzonte” dell’amore, e non può così sorprendere il suo interesse per la leggenda di Barbablù. Trakl aveva, quando scrisse questa fiaba drammatica, 23 anni; a 27, nel 1914, morì stroncato dall’infelicità e dalla droga. Nello spettacolo il testo lievita e si scompone in una sorta di poema visivo, un fluido mosaico di apparizioni che trae partito dalla poetica del “fuori scala” e del ritagliamento implicita nel teatro di marionette, a cui continuamente e sottilmente si allude, per conciliare nel più inatteso e suggestivo dei modi l’infinita delicatezza mortuaria dell’art nouveau e il rigore compositivo dell’arte astratta (per fare due nomi universalmente noti, Klimt e Mondrian).
Più che mettere in scena la terribile fiaba, i Lievi la raccontano ex novo con le immagini, con i corpi degli attori fatti immagini, o meglio con il conflitto che corpi e immagini sostengono per apparire, per esistere, fra le strettoie di una geometria in movimento fatta di paratie nere che scorrono, si chiudono, si richiudono, di luttuose crociere, di precipiti ghigliottine. Esse, le immagini, hanno funzione primaria di parola; e le parole di Trakl diventano immagine sonora accanto alle musiche della lancinante colonna sonora. E tutto dentro una “scatola” che offre un’apertura scenica di due metri per due! Con Barbablù ebbe inizio nell’84 (per merito di Franco Quadri, che propose alla Biennale di Venezia lo spettacolo prodotto “privatamente” dai due autori) la vicenda artistica dei Lievi. Lo spettacolo fu riproposto l’anno scorso, dopo la scomparsa di Daniele, in una produzione del Burgtheater di Vienna di cui Cesare è diventato nel frattempo uno dei registi più prestigiosi; e la critica di lingua tedesca l’ha ritenuto miglior spettacolo del ‘91. Lo ricordo con gioia, perché ammiravo da tempo il lavoro d’entrambi e perché ritengo Cesare uno dei più interessanti registi di questi anni.
Giovanni Raboni
 

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